Sempre più a Oriente!
[caption id="attachment_5889" align="aligncenter" width="584"] Il ponte di Dali[/caption]Anche se, ovviamente, non posso che percorrere vie già abbondantemente battute, prima di ogni viaggio riesco sempre a far emergere il Marco Polo che è in ognuno di noi e lanciarmi all’inseguimento di facili e accattivanti slogan per proiettarmi così in mondi, spesso solo apparentemente, fantastici.
“Lungo le vie della seta, …dell’incenso”, “Nella valle degli Dei”, “Sulle orme del Budda”, “Sulle vie carovaniere di Tamerlano” …e così in tanti altri percorsi che spesso, rievocando gesta epiche della storia, ci propongono luoghi in verità ben diversi dai nostri sogni e dalle nostre aspettative.
La nostra immaginazione, legata ai racconti fiabeschi dell’infanzia e alle immagini proposte nelle guide o dal cinema, non può non discostarsi notevolmente dalla realtà.
Ed è per questo che spesso durante un viaggio abbiamo la sensazione di “essere arrivati troppo tardi”….e di avere così “mancato l’ appuntamento!”.
Ma è comunque vero che tutto ciò che oggi riusciamo a vedere, a cogliere, e noi fotografi a fermare con le immagini, in poco tempo si trasformerà in una raffigurazione del passato e in qualche modo …in un frammento della storia.
Mi sarebbe piaciuto trovare ancora le sconfinate risaie terrazzate e immerse nella nebbia del mattino, o veder comparire all’orizzonte un piccolo uomo giallo dagli occhi a mandarla nascosto sotto il suo “dǒu lì” di paglia su una bicicletta sgangherata, o ancora, donne interamente ricoperte dal loro “qipao” di seta dal quale avrebbero mostrato timidamente solo le mani la testa ed i piedi; e quelle attività ormai scomparse come “i pulitori di orecchie” o le cerimonie funebri tradizionali, le immancabili bancarelle o gli ultimi veri nobili maestri di kung fu.
Mi sarebbe piaciuto cogliere tutto intorno il silenzio…., e quella calda e stupìta accoglienza all’arrivo del temerario esploratore.
A dire il vero non ho trovato proprio “la mia Cina”, quella della fantasticheria del bambino; devo riconoscere però di aver calpestato il più grande boom economico del terzo millennio.
Città trasformate in metropoli, intere montagne sventrate per cedere il passo ad opere ciclopiche: autostrade, viadotti, ferrovie più veloci del mondo.
Un brulicare di opere in un unico grande cantiere a cielo aperto.
Le città imperiali hanno ceduto il posto ad agglomerati urbani dai mille grattacieli, intere strade tappezzate di negozi delle nostre “Grandi Firme” Versace, Gucci, Benetton, invase da orde di compratori cinesi; tecnologia ovunque, e maggior sorpresa a discapito di qualsiasi luogo comune, ….una pulizia ossessiva.
La Cina non e’ un paese, e’ un mondo a se’ che spazia dalle metropoli moderne, alle praterie epiche della Mongolia interna passando per deserti, vette sacre, grotte straordinarie e rovine imperiali.
Il governo ha recentemente smesso di distruggere i templi, ora si dedica all’abbattimento delle montagne e all’avvelenamento dei fiumi; d’altronde quando bisogna gestire un paese con piu’ di un miliardo di abitanti e’ inevitabile dover rinunciare a qualcosa.
Ho visitato il Guyzhou e lo Yunnan, sicuramente le regioni piu etniche e forse quelle dal maggior impatto emotivo.
Ho cercato a fatica i resti di antiche tradizioni, le ultime etnie, i Dong i Miao, i Buyi, le donne dalle lunghe corna ricoperte dai lunghi capelli degli avi, o gli uomini dai lunghi fucili, che con temerario coraggio si fanno radere il capo a colpi di roncola lasciando solo un prestigioso ciuffo segno di grande virilità.
Ho partecipato al “pasto delle sorelle”, una sorta del nostro “San Valentino” alla orientale, ma anche una vera e propria festa locale dove ragazzi e ragazze, vestite con i più lussuosi abiti tradizionali e ricoperte di preziosi monili d’argento, si lanciano in danze di corteggiamento, come gli uccelli del paradiso della nuova guinea.
Percorrendo chilometri su imponenti autostrade abbiamo raggiunto posti unici al mondo come la Foresta di Pietra, patrimonio dell’umanità, o le cascate calcaree Huangguoshu sovrastate da uno splendido giardino di bonsai.
La pesca con il cormorano è stata per noi sicuramente un autentico tuffo nel passato, ha radici antichissime: fu importata in Cina dal Giappone intorno al X° secolo dopo Cristo, e si diffuse in molte parti del mondo come metodo relativamente produttivo per ottenere pesce di fiume. Tutto ciò che serve è una barca, un cormorano, una corda di canapa e un paio di anni di tempo.
Per quanto possa sembrare semplice, controllare un cormorano non è l’impresa più facile del mondo: i pescatori legano una sottile corda (o un anello metallico) attorno alla gola dell’animale per evitare che possa ingoiare il pesce più grosso, ma inghiottire solo quello più piccolo. Quando il cormorano cattura del pesce, il pescatore lo riporta alla barca servendosi di una corda e costringe il volatile a sputarlo. Il cormorano ha un incentivo alimentare, e il pescatore si tiene la preda commercialmente più appetibile.
Deliziose le cittadine di Lijian, Kunming, Shaxi e Dali, piccoli centri che vorrebbero riecheggiare vecchi sapori antichi ma, in realtà, grazie all’abilità cinese nella ricostruzione, sono solo “attraenti falsi storici” per turisti, pieni di negozietti e di souvenir.
Vi ricordate il film del 1937 diretto da Frank Capra “orizzonte perduto”?
“Un aereo viene inspiegabilmente dirottato da un pilota e finisce per schiantarsi in una zona sperduta delle montagne dell’Himalaya.
I superstiti vengono soccorsi dal misterioso Chang e portati in un’isolata vallata nella quale sorge l’idillica comunità chiamata Shangri-La, un’oasi di pace fondata oltre due secoli prima da un missionario belga per preservare i migliori risultati dell’umanità dai continui conflitti del mondo esterno…….”
Lo avevo visto da bambino ed era ancora viva nella mia mente l’immagine di questo isolato paradiso terrestre.
Shangri-La, è stata l’ultima tappa del nostro viaggio. Il centro storico, tutto in legno, è intermante bruciato a gennaio di quest’anno, non rimane che una sperduta periferia cittadina a 4000 metri di altezza, ormai tutta cinese e non più tibetana. Si è infranto così quell’ultimo sogno di bambino davanti ad una città ormai completamente assoggettata al consumismo più moderno.
La Cina e’ comunque un luogo dai forti contrasti e dalle grandi bellezze nel quale, una volta imparato a farsi largo tra la folla e a evitare di farsi travolgere, ci si rende conto come è possibile provare ancora la suggestione della sua storia.
“Ho fotografato invece di parlare, ho fotografato per non dimenticare. Per non smettere di guardare” D. Pennac
reportage affascinante e suggestivo, come sempre.
È evidente da quello che scrivi, che non è stato un viaggio all’altezza delle tue aspettative, ma è proprio la “tua Cina” che sei riuscito a raccontarci, forse è proprio quel bambino di cui parli che ha immortalato queste immagini.
si dice che la fotografia non racconta la realtà, ma l’idea che si ha di essa. Penso che le tue foto ne siano un esempio.
Dice un proverbio cinese:” L’uomo che riesce a vedere le piccole cose, ha lo sguardo limpido e il cuore sereno”.
Bravo!