Questa è la prima parte di un percorso che faremo insieme fino al “paese che non c’è”. Tappa obbligata il Nepal, il paese dalle alte montagne…. le “porte del cielo”. Si ergono sopra le nuvole con le loro cime innevate, quasi a formare un maestoso ed imponente picchetto d’onore pronto ad accogliere chi ha deciso di volare sin qui. Dal finestrino dell’aereo le passiamo in rassegna rapiti ed ammirati, cercando da profani di associare alle forme ed ai picchi contorti, quei nomi da leggenda che le hanno rese famose ed ambite in tutto il mondo: Annapurna, Manaslu, Cho Oyu, Lhotse, Makalu, Everest…. Se sulla terra esistono solo 14 cime sopra gli 8000 metri, ben otto di queste si trovano in territorio nepalese, e dagli inizi dell’900 continuano ad attirare qui un numero sempre crescente di alpinisti, scalatori, amanti della montagna e delle sfide ad alta quota. L’Himalaya, “la dimora delle nevi”, è questa la cartolina più conosciuta del Nepal, quella che ogni anno attira gran parte dei turisti desiderosi di cimentarsi in ardimentose arrampicate o in entusiasmanti trekking, lungo alcune delle pareti e dei sentieri più affascinanti del pianeta. Esiste però anche un altro Nepal, ricco di arte e di cultura, di miti e leggende, di riti e tradizioni; un paese dalla storia antica e dal fascino senza tempo, culla di civiltà e religioni, punto d’incontro tra Buddismo ed Induismo, tra le popolazioni di India e Cina. Bramini e Newari, Tharu e Gurung, Sherpa e Thakali, sono oltre sessanta i gruppi etnici che convivono pacificamente su questo territorio e che con i loro costumi, la lingua, le usanze, contribuiscono ad arricchire il patrimonio culturale ed il fascino di questa nazione. Una terra di grande armonia quindi, ma anche di enormi contrasti, dove paesaggi dai colori pastello si alternano a scenari dalle tinte fosche, sempre in grado di procurare forti emozioni e costantemente a cavallo tra presente e medioevo, sviluppo e povertà.
E’ questa forse la faccia meno nota del Nepal, quella ancora poco pubblicizzata e che varrebbe la pena di conoscere, prima che progresso ed omologazione giungano anche qui a catalogare e cancellare ogni forma di diversità. Un passaggio a Kathmandu è un’introduzione al buddismo: ma quanto è ancora distante il Tibet da qui!! Gli occhi del Buddha di Bodhnath guardano lontano e vegliano. Risaie, foreste tropicali, strette vallate, sentieri tortuosi: la strada verso il Tibet è lenta; come una promessa mantenuta, oltre la grotta di Milarepa gli altipiani ventosi attendono; e così i villaggi, le mandrie di yak, i gruppi di pellegrini. Mille monasteri che invitano ad entrare, a scoprire le sale scure rivestite di tangka e illuminate dalla tremula luce delle candele. Ovunque ci sarà un canto, una preghiera, un sacro mantra da ascoltare con il cuore. Altissimi passi, pianure e laghi turchesi, antichi chortene tetti dorati. Tutto ci porta e ci conduce verso il Tibet che dovremo imparare a immaginare chiudendo gli occhi e cercando di ascoltare perchè tutto ciò che si vede, si incontra e si sente è solo un fantasma, il Tibet è stato spazzato via.
Una tragedia dimenticata. «L’unica arma che abbiamo è la Verità, vi chiedo di aiutarci a diffonderla, poichè quando la Verità è in pericolo, è in pericolo l’uomo stesso ed il mondo intero»
Il Dalai Lama Tenzin Gyatso
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Antonio sei veramente coinvolgente ,bello l’articolo le foto bellissime ,non sarà l’ora di cambiare lavoro ….bravo un abbraccio Lucia
La porta, la soglia, la strada: attraverso di essi comincia il viaggio spesso reale , talora immaginario che tocca paesaggi, frontiere, percorsi, mete visibili e invisibili. Verso l’altro, l’altrove, l’oltre. E alla fine del viaggio ritroviamo sempre noi stessi, o un frammento di noi stessi……..
L’ho letto da qualche parte non ricordo dove, ma È così che mi sento quando guardo le tue foto, in viaggio.
Non posso dare giudizi tecnici, ma le tue foto mi sembrano sempre più belle e credo realmente che un buon fotografo è una persona che , tocca il cuore dell’osservatore e lo fa diventare una persona diversa.
Gli uomini si possono dire completi solo quando hanno molto viaggiato e hanno cambiato ogni volta il loro punto di vista sul mondo.
Io è così che mi sento quando guardo le tue foto……in viaggio.
Bravissimo!